La struttura della calprotectina è costituita da una catena polipeptidica leggera e da due catene polipeptidiche pesanti e ha un peso molecolare totale di 36,5 kDa. Si tratta di una proteina con attività batteriostatica e micostatica paragonabile a quella degli antibiotici: per questo l’abbondanza di calprotectina nei granulociti neutrofili e la sua attività antimicrobica ne suggeriscono un ruolo rilevante nelle funzioni difensive dell’organismo.
La presenza di calprotectina è stata riscontrata in diversi materiali biologici umani: nel siero, nella saliva, nel liquido cerebrospinale e nelle urine. E’ tuttavia il dosaggio della calprotectina presente nelle feci a offrire i maggiori vantaggi nella valutazione del grado di infiammazione dell’intestino: la calprotectina infatti è una proteina estremamente stabile nelle feci, dove rimane inalterata anche per più di 7 giorni.
In presenza di processi infiammatori, la calprotectina viene rilasciata a seguito della granulazione dei granulociti neutrofili. Nel caso di un’infiammazione dell’intestino, la calprotectina può essere rilevata nelle feci. Il dosaggio fecale è l’unico che può fornire indicazioni dirette sulla localizzazione dell’infiammazione, mentre il dosaggio nel siero o nel plasma evidenzia uno stato di infiammazione che può essere localizzato ovunque.
L’aumento della concentrazione della calprotectina nelle feci è una conseguenza diretta della granulazione dei neutrofili a seguito di un danno della mucosa. Il dosaggio della calprotectina nelle feci offre notevoli vantaggi nella valutazione dell’infiammazione dell’intestino. Nei pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali, che sono indicate internazionalmente con IBD(Inflammatory Bowel Disease) e comprendono la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e le cosiddette “coliti indeterminate”, il livello di calprotectina è infatti generalmente molto elevato. Nei soggetti affetti da Sindrome dell’Intestino Irritabile, indicata internazionalmente con IBS(Inflammatory Bowel Syndrome), il livello di calprotectina è invece decisamente inferiore a quello riscontrato nei pazienti con malattia attiva, talvolta superiore al limite di riferimento ma, in ogni caso, sempre superiore a quello riscontrato nei soggetti sani
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